Stringiamo i pugni, i denti e andiamo oltre


Non è la prima volta che ci capita. Già quando portavamo in giro lo spettacolo che racconta del progetto TAV (No t’avevo detto) e delle speculazioni sulle grandi opere, in alcune piazze più vicine alle zone interessate dai lavori, furono ritirati i permessi alle associazioni che avevano organizzato lo spettacolo.
Oggi, ancora una volta, siamo di fronte ad una negazione di carattere privato e burocratico, ma riteniamo subdolamente politico se non dettato da pura ignoranza. Perché se non fosse così, la burocrazia, sappiamo benissimo, essere una passeggiata di salute. Ma avere un permesso, un pezzo di carta, quando c’è di mezzo la volontà di negare,allora, diventa impossibile. Non siamo certamente noi con i nostri spettacoli ad essere presi di mira, ma siamo, di certo, uno strumento che in alcuni casi disturba.
Così è il caso di Latina. Un’iniziativa, organizzata all’interno delle storiche case popolari, annullata a pochi giorni dal suo inizio. Annullata, a causa della diffida che l’amministratore del condominio, in cui era già stata organizzata tempo addietro l’iniziativa, ha deciso di inviare all’associazione organizzatrice.
La motivazione pare sia la mancanza dell’autorizzazione del condominio, non permettendo, di fatto, eventi culturali in zone periferiche della città e, di fatto, annullando una iniziativa evidentemente scomoda per chi vuole mantenere il marchio su una provincia il cui colore nero fortunatamente sta andando felicemente sbiadendosi.
Qualcuno dirà che sono i conflitti delle parti, e noi diciamo: assolutamente si. Se a qualcuno le nostre
argomentazioni non piacciono e le associazioni con le quali decidiamo di collaborare sono scomode, questo ci lusinga.
Quello che avremmo raccontato, con lo spettacolo sui treni della felicità, sarebbe stata una pagina di storia del secondo dopoguerra sul movimento, di solidarietà e ospitalità diffusa, organizzato dalle donne dell’udi e del pc. Avremmo raccontato delle donne, delle madri, dei bambini che lasciavano le famiglie. Delle lotte contadine di San Severo. Ma ancora, avremmo raccontato, in modo ironico (s’intende) di come quella parte dell’Italia banderuola e fascista sia diventata da un giorno ad un altro antifascista per convenienza. Forse questi sono argomenti da non riuscire a portare facilmente in una piazza. Soprattutto oggi.
La perdita di una data, per una piccola produzione come la nostra, non è un’inezia, perché su una data che ci permette la sostenibilità economica si sviluppano altre relazioni e possibilità di portare in altre piazze indipendenti il nostro lavoro. Ovviamente tutto questo passa nello spleen delle città.

In questo periodo storico, fare teatro è difficile, decidere di fare teatro impegnato politicamente è scoraggiante.
In altre parole, la data di Latina è stata annullata, tutto questo non ci permette di rispettare la nostra partecipazione in altre piazze indipendenti.
Non siamo famosi, non abbiamo una sede, siamo raminghi, siamo girovaghi. La nostra produzione è nelle nostre tasche. Non riusciamo ad essere teatranti senza guardarci intorno, non riusciamo a dividere con l’accetta quello che pensiamo da quello che facciamo. Non riusciamo a chiuderci dentro idee artistiche fine a se stesse per il gusto dell’estetica e del nostro ego. Essere teatranti significa, per noi, essere uno specchio in cui la società che ti appartiene si riflette, la differenza sta in quanto distorta vuoi rendere l’immagine e quanta profondità vuoi restituire. Noi, oggi, riteniamo che ci sia bisogno di chiarezza. Ci saranno altre date, altri appuntamenti. Stringiamo i pugni, i denti. Andiamo oltre.

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Teatri della Viscosa