Note per un teatro attivo#3 Riflessioni dalla quarantena.


20° giorno dello stato di quarantena.

Riflessioni pindariche  dello spettacolo dal vivo a cui stiamo assistendo attraverso lo schermo.

TUTTO ALLA FINE DIVENTA NORMALE.

Nulla, non ci facciamo mancare nulla per sostenere queste agonie casalinghe, per affrontare al meglio questo stato di emergenza in cui un microscopico virus ci ha catapultato.

(Covid Merda. Ecco, l’ho detto e non me ne pento, consapevole che ci sono ben altre responsabilità, ma non essendo filofofi, storici, dottoroni ma semplici commedianti, possiamo fare questo e bene altro)

Siamo costantemente informati da bollettini di morti e contagi, di informazioni e disinformazione e, in tutto questa situazione, in rete siamo bombardati da proposte di intrattenimento virtuale.

Sia chiaro, bellissime e molto interessanti, alcune. Ma viviamo nell’illusione di una democrazia quindi va bene che per tutti ci sia spazio. Anche per noi.

Ma come cambiano le nostre esperienze di fruizione dell’arte e della cultura? Fino ad oggi, o meglio ieri l’altro, dire “spettacolo di teatro in video” era una bestemmia, l’unica idea concessa era la visione di spettacoli di repertorio del passato, spesso per studio o diletto. Ma ora, sono diventati sempre più ricorrenti gli spettacoli “live” oppure registrati e riproposti. Non che prima del Covid19 questo non accadesse, ma la rincorsa al web sembra impazzita. In una costante altalena tra pubblicità e solidarietà. Questa scatenata voglia di protagonismo celata dietro la bontà del gesto. Oppure è veramente buono? Non lo sapremo mai ma il dubbio c’è e rimane. Auspicare l’onestà’ intellettuale generale  è un’ utopia vecchia come il mondo. 

Concerti, mostre, tour. Tutto. Abbiamo tutto. Possiamo tutto. Stiamo sperimentando che potremo veramente non muoverci da casa e non ci mancherebbe nulla. Anche la scuola, a discapito dei meno fortunati, sperimenta la possibilità di organizzare tutto via web (con un grande risparmio per i genitori che erano costretti a comprare la  carta igienica per le scuole dei loro figli) . Molti lavori possono essere fatti da casa, restano quelli che servono per produrre e spostare merci. Qualsiasi cosa possiamo ordinarla, pagarla e a volte anche consumarla on line. Cosa potrebbe mancarci?

La nostra umile risposta è  : la mancanza della mancanza. Potrebbe accadere, (per molti è già arrivato quel momento) che ci manchi il sentire la necessità di muoverci per esplorare il mondo, per conoscere, per aprirci. Sperimentare la vita da casa attraverso uno schermo è uno scadente surrogato che non potrà mai sostituire la realtà.

Torniamo allo spettacolo dal vivo come un esempio e una metafora. Cosa potrebbe mancare? Una certa atmosfera, l’attesa dell’inizio di uno spettacolo, la suspense delle luci che si spengono lentamente oppure, in altri casi, l’esplosione degli attori che irrompono sulla scena scatenando anche un po’ di imbarazzo. Le risate, la commozione, la repulsione sono spontanee, basate su una relazione umana dettata dal momento e dalla presenza. Perché è la tensione armonica della carne e dei cuori che pulsano insieme in una stessa stanza, a scatenare il piacere o il suo contrario, in una parola: la vita.

Oggi questo, ancora riusciamo a comprenderlo, ma a lungo andare potrebbe non essere scontato. Così, come coloro che sono nati in questo tempo di nuove tecnologie e non comprendono come era possibile passare il tempo senza internet, domani potrebbero dimenticare l’espressione “dal vivo” come idea di una compresenza in uno stesso luogo fisico e reale, perché verrebbe equiparato e poi sostituito dal “live virtuale”

Ragionamenti questi che non vogliono demonizzare le nuove tecnologie, ma  tendere verso una riflessione su quello a cui aspiriamo. In questo momento difficile è assolutamente necessario coltivare relazioni in qualunque modo possibile(lo consiglia anche Noam Chomsky). Le videochiamate sono un antidolorifico molto efficace, oltre ad essere un sistema per continuare a guardarci negli occhi ma, non possiamo permettere che diventino, col tempo, la soluzione al mantenimento dei rapporti umani. Non possiamo permettere che il virtuale sostituisca totalmente il reale. Non possimo permettere che il virtuale sia l’unica via di fuga da un quotidiano fatto di lavoro, consumo e sopravvivenza ( sociale e materiale).

Non si deve perdere l’idea che dobbiamo/possiamo “andare alla ricerca”, fare esperienza di vita vera e, in una pluralità di sguardi, non virtuali, trovare il nostro. Se non c’è scambio, nella trasmissione dell’arte e della cultura, diventa sterile e puro nozionismo. Ogni volta che andiamo a teatro, ad un concerto, ad una conferenza, ad una mostra, inevitabilmente non vivremo solo un’esperienza solitaria ma anche d’insieme perché, in modo diretto o indiretto, saremo nutriti da quello che accade intorno.

L’arte, la propria capacità di critica o di creazione è come un linguaggio, una lingua straniera, un codice, che puoi studiare a casa e fare tuo, ma solo quando lo metti in relazione crescerà, si svilupperà e potrà continuare ad evolversi.

Questa emergenza che ci sta facendo sperimentare l’assenza di libertà di movimento, all’inizio è stata improvvisa e straniante, ma lentamente, ci si adegua e ci si normalizza, anche grazie ai diversivi che ci tengono occupati e per i quali tutti ci prodighiamo.

Allo stesso modo, si normalizzano i servizi a domicilio, si normalizza l’idea che saremo controllati attraverso gps o droni, si normalizza l’assenza di una piazza in cui incontrarsi, si normalizzano le riunioni e le assemblee in cui perdiamo definitivamente la possibilità di libera espressione perché potenzialmente monitorate. Si normalizzano anche i siti per appuntamenti perché non riusciamo a comunicare, a trovare persone con sui avere dei legami, degli interessi in comune.  Tutto a lungo andare diventa normale. Tutto si normalizza. La spersonalizzazione ha inizio dall’assenza di relazione. La persona è tale perché è in un contesto sociale, se la mettiamo da sola, dentro una casa, davanti al pc collegato in una infinita potenziale rete di relazioni, cosa ne resta? Vogliamo che diventi normale? 

Stretta la soglia, larga la via,

dite la vostra che ho detto la mia.