Note per un teatro attivo_La Memoria della Liberazione_25/04/19


Il 25 aprile, come ogni anno, festeggiamo la Memoria della liberazione, non la Storia.

Tra storia e memoria non ci passa un filo sottile. Tra esse, scorre un fiume in piena:

su una sponda ci sono gli avvenimenti, le guerre, i trattati, gli accordi, i grandi interessi, i capitali, le battaglie e il numero dei morti; sull’altra, invece, ci sono le esperienze personali, soggettive, emotive. Ci sono le scelte che ogni persona ha fatto, ci sono le lacrime che hanno versato e le grida che hanno sentito. Ci sono i corpi appesi dei propri cari, impiccati per le strade delle città che Antigone di notte andava a seppellire, ribellandosi a suo padre e rischiando, essa stessa, la morte.

La memoria dunque è una condizione di parte, non è per tutti. Noi non festeggiamo la fine di una guerra. Noi festeggiamo la vittoria di tutti coloro che hanno osteggiato il fascismo, un fascismo che dilagava in Italia e con il quale dobbiamo misurarci e fare i conti. Anche oggi.  Noi ricordiamo il coraggio di uomini e donne che fecero delle scelte difficili, obbligate e non libere, ma dettate dalla necessità e dalle scellerate decisioni di altri.  Uomini e Donne costretti a mettere da parte la propria vita, la giovinezza, i loro sogni, perché noi oggi fossimo qui, liberi di parlarne.

La liberazione non è un fatto che una volta acquisito permane. La liberazione è un’idea e un’ideale: un’idea in quanto dobbiamo darle una forma concreta nella nostra mente e lo facciamo con i festeggiamenti del 25 aprile, ma è anche un ideale, perché racchiude nella nostra sfera emotiva e morale, quei valori di solidarietà ed uguaglianza che rappresentano la lotta costante contro tutte le pratiche fasciste di superiorità(P.Cacucci) .

La liberazione va ricorda e coltivata ogni giorno: Nella scuola, che dovrebbe formare persone e non lavoratori; negli uffici, in cui ritornare a essere compagni di lavoro e non in costante competizione(U.Galimberti); tra di noi, per aiutarci a non aver paura del futuro.

La liberazione serve a ricordarci che la diversità è una sfida(A.Barbero) e possiamo vincerla. Gaber diceva che la libertà è partecipazione. La partecipazione significa trovarsi e intervenire, rendere comune, operare insieme; è la presa della parola, è ricominciare a comunicare, a parlare, innanzi tutto con i bambini, rispondendo alle loro domande, non facendogli credere che tutto è bene, ma raccontandogli anche il male perché possano imparare a uscirne(S.Freud). Attraverso di loro creeremo un dialogo anche con noi stessi e con il mondo. E allora, non avremo bisogno né di tutor né di dittatori, perché sapremo noi cosa dobbiamo fare delle nostre vite.

La liberazione non può e non deve essere una commemorazione fine a se stessa, ma un giorno in cui, ricordando gli orrori che il fascismo ha prodotto, impariamo ad analizzare il nostro presente ed affrontarlo, senza aver timore di confrontarci, anche, con i nostri fascismi interiori.

Conquistate un orizzonte, sottraete il vostro tempo al mercato e all’economia, liberate la mente e ricominciate a sognare.